Per recuperare il ritardo infrastrutturale del Sud non bastano le briciole. Anche se da ‘Recovery’

Stanno mettendo a punto l’ennesima «fregatura» per l’Italia del tacco

Più che numeri per lo sviluppo, sembrano numeri per il bancolotto. Capire quanta parte dei 209 miliardi di risorse ‘Recovery’, toccherà – e, soprattutto, sarà realmente spesa – al Sud, è davvero un enigma. Dall’Europa era arrivato l’input ad attribuirgliene a sufficienza per consentirgli di recuperare i divari infrastrutturali che ne frenano la crescita. Da qui, l’intricato e complicato garbuglio.

Dal ministro per le infrastrutture Giovannini che sostiene saranno il 56%, al decreto legge per la sua attuazione che gli assegna il 40% e al forzista Pella relatore del dl alla Camera, che suggerisce di non considerare quel 40%, per singolo bando, ma per progetti complessivi ed eventuali compensazioni tra le aree territoriali, l’economista Gianfranco Viesti che parla di «ambiguità» e «scarsa trasparenza» sui bandi per il Mezzogiorno relativi all’Università.

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In realtà, proprio la vicenda dei bandi Miur per l’attribuzione dei primi 741,8 milioni dei «Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale» (dotazione complessiva 1,8 miliardi), che spinge il professore dell’Università di Bari, a tale affermazione è – a mio parere – la dimostrazione più lampante che si sta mettendo a punto l’ennesima «fregatura» per l’Italia del tacco, cui non arriverà né il 56 e nemmeno il 40%, ma molto meno.

Il taglio delle risorse destinate al Sud

Con ordine e senza portarla per le lunghe. Il 25 gennaio il sito del Ministero dell’Università e Ricerca, pubblica il decreto direttoriale n. 99, che all’art. 4.1.B prevede una linea «Sud» di 296,7 milioni ovvero il 39,99% (in linea con l’intenzione originaria) dei 741,8 milioni da assegnare ai progetti di ricerca fra ricercatori operanti nel Mezzogiorno, ma il 2 febbraio tale provvedimento scompare. Ne prende il posto il n. 102, che cancella la linea «Sud» e taglia le risorse destinate al Sud di 80 milioni, riducendole a 218 milioni, il 29,4% del totale ovvero il 10,6% in meno. Perché, secondo il Mur il 40% andrebbe «calcolato sul complesso degli stanziamenti del Pnrr e non sul singolo bando Prin 2022».

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Eppure la legge 108/2021 per l’attuazione del Pnrr prevede che «Almeno (che tradotto in italiani corrente, significa: minimo) il 40% delle risorse allocabili territorialmente, anche attraverso bandi, indipendentemente dalla fonte finanziaria di provenienza, sia destinato alle Regioni del Mezzogiorno». Ma come noto le leggi per gli amici s’interpretano, per i nemici si applicano. E si sa, il Mezzogiorno, nei palazzi «laddove tutto si puote» non ha mai avuto troppi amici.

L’obsolescenza della infrastrutturazione al Sud e le risorse del Pnrr

Ma il garbuglio non finisce qui. Anzi! Stando al ministro dello sviluppo economico, Franco, «Il Sud sarà destinatario del 45% delle risorse Pnrr» e «spenderle per il riequilibrio territoriale per far ripartire il Paese, è una priorità del governo». Sarà anche vero, ma tanta confusione, non fa che avvalorare i dubbi sulle effettiva potenzialità di crescita offerta al Mezzogiorno da Recovery fund e Pnrr, tante volte espressi dal sottoscritto.

E quello che più lascia perplessi è la constatazione che l’unica questione di cui lorsignori dell’alt(r)aItalia – nonostante l’Ue abbia detto che bisogna aiutare il Sud a recuperare i ritardi infrastrutturali – continuino a porsi è quella relativa alla quantità (la più alta possibile, ovviamente) di risorse cui «pretendono» di aver più diritto del Mezzogiorno.

Per l’ennesima volta strafottendosene del fatto che perché questo Paese davvero cresca, è indispensabile che il Sud effettivamente recuperi i suoi ritardi con l’Italia e s’avvicini all’Europa. E come è notorio, da decenni, il principale ritardo del Mezzogiorno è rappresentato proprio dall’insufficienza e dell’obsolescenza della infrastrutturazione.

La rielaborazione dei dati contenuti dall’«occasional Papers» n. 635 di Banca D’Italia, sui «divari infrastrutturali in Italia» si rileva che: fatto 100 il livello del sistema infrastrutturale complessivo italiano (strade, ferrovie, aeroporti, telecomunicazioni, ospedali, rifiuti, ecc.) Nord e Centro toccano rispettivamente quota 102,9 e 102,6%, mentre il Sud si ferma al 69. Un ritardo, insomma, di quasi il 34% che è impossibile recuperare con le briciole che lorsignori vorrebbero lasciarci. Anche se sono briciole di ‘Recovery’.

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