Resa dei conti nella Lega tra Salvini e Giorgetti. E intanto Giorgia Meloni incontra Mario Draghi

di Dario Caselli

Nel giorno in cui Giorgia Meloni incontra Mario Draghi, Matteo Salvini decide di andare alla conta con Giorgetti. Rischio scissione per la Lega?

In attesa che la prima manovra finanziaria firmata Mario Draghi arrivi in Parlamento, si vocifera addirittura che il testo definitivo possa approdare in Senato soltanto la prossima settimana, è la politica e il confronto interno ai partiti a tenere banco.

Ed a fare da sfondo la contesa per il Colle più prestigioso di Roma, il Quirinale, dove giorno dopo giorno l’ipotesi di Mario Draghi presidente sembra prendere sempre più corpo. Dopo il via libera, anche se condizionato da parte di Giuseppe Conte e Matteo Salvini, due giorni fa è arrivato anche quello di Giancarlo Giorgetti che ha lanciato la tesi di un Draghi in versione semipresidenziale alla francese, nel senso un po’ Capo dello Stato e un po’ premier. Un’ipotesi che però più che unire ha diviso l’agone politico con Giorgia Meloni e lo stesso Salvini poco propensi a una simile suggestione.

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In realtà, comunque, non c’è ancora nulla di concreto anche perché fino a febbraio c’è ancora tanto tempo, e molto cose potrebbero nel frattempo cambiare. Quello che però sembra essere quasi una precondizione affinché Draghi possa varcare il portone del Quirinale è senza dubbio la data delle elezioni. In sostanza, soltanto se la candidatura dell’ex governatore di Bankitalia risulterà tale da garantire la fine naturale della legislatura, Draghi potrà avere chance di essere presidente. Altrimenti tutto tornerà in discussione e soprattutto in alto mare.

E la sensazione è che l’elezione del Capo dello Stato potrebbe trasformarsi in una vera e propria corrida dove alla fine potrebbe spuntarla chiunque, anche lo stesso Silvio Berlusconi le cui quotazioni però dopo l’endorsement di Giorgetti a Draghi sembrano essere in calo. Ma come detto c’è ancora tempo.

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Oggi il Consiglio federale della Lega

Tempo che invece non sembra più essercene per la resa dei conti interna alla Lega e per scegliere la linea politica da qui ai prossimi mesi, o almeno fino alle elezioni. Matteo Salvini riunirà oggi il Consiglio federale, alle ore 18, e nel quale delineerà i prossimi appuntamenti, tra cui un’assemblea programmatica entro fine anno che dovrà tracciare la rotta da qui alle elezioni politiche.

È il segnale che molti attendevano di una resa dei conti con Giorgetti e l’ala più moderata e governista della Lega? Possibile, anche perché i giornali raccontano di un Salvini furibondo per le dichiarazioni affidate dal ministro dello Sviluppo economico all’ultimo libro di Bruno Vespa e poi rilanciate con grande eco dai media. Tra questi quella che certamente rischia di pesare maggiormente e cioè la chiusura dell’alleanza con i sovranisti e lo spostamento verso le forze moderate, e in particolare in Europa verso il Ppe.

Ipotesi già smentite ieri da Salvini che ha anche tenuto una videoconferenza con lo stesso Victor Orban, ex Ppe ma soprattutto campione del sovranismo. E chiaramente il Consiglio federale di oggi sarà l’occasione per i due di misurarsi.

C’è però anche chi ipotizza che tra Salvini e Giorgetti sia in atto una sorta di gioco di specchi, simile a poliziotto buono e poliziotto cattivo con l’intento contemporaneamente di presidiare il fianco destro e sovranista del partito, evitando così di fare a Giorgia Meloni, e quello più moderato e centrista che dopo il declino di Forza Italia vedrebbe la Lega come primo approdo naturale. Sarà la riunione di oggi e gli eventi delle prossime settimane a farci capire se c’è davvero aria di scontro o se si tratta di una ben orchestrata messinscena.

Giorgia Meloni a Palazzo Chigi

Nessuna aria di scontri interni, invece, per Giorgia Meloni che ieri ha compiuto un ulteriore passo verso il rafforzamento della sua leadership nel centrodestra incontrando il premier Draghi. Un faccia a faccia durato un’ora e mezza e nel corso del quale tanti sono stati i temi trattati, a partire dalla legge di Bilancio dove la leader di Fratelli d’Italia ha chiesto «che gli 8 miliardi vadano sul tema del lavoro, sul taglio del cuneo contributivo».

Sotto accusa, poi, il reddito di cittadinanza su cui la Meloni insiste perché «i controlli vanno fatti prima di dare il reddito di cittadinanza. I soldi che finora sono andati a chi non meritava quel sussidio devono aiutare le persone più sfortunate che oggi sono i pensionati con pensione d’invalidità».

Non è mancato un passaggio sul tema del Covid e in particolare alla questione del rinnovo dello Stato di emergenza su cui la Meloni è stata molto chiara: «Il premier ha detto di non avere ancora deciso, di volere vedere l’andamento della stagione più fredda prima di decidere. Mi pareva non avesse determinazioni in questo senso». Ma «se il governo dovesse decidere la proroga dello stato di emergenza, dovrebbe anche ammettere che la misura molto invasiva del green pass non era efficace».

Parole che confermano le sensazioni degli ultimi giorni e che cioè bisognerà attendere per capire se lo Stato di emergenza continuerà. Quello che invece sembra essere certo è che se ci sarà lo Stato di emergenza non sarà possibile avviare alcuna inchiesta sulla gestione dell’epidemia di Covid. Infatti, è questo che si è vista rispondere Fratelli d’Italia in Commissione al Senato in merito alla sua richiesta di costituzione di una commissione d’inchiesta sul Covid.

Luca Ciriani: «Capigruppo calendarizzi la proposta di FdI»

«Una presa in giro» ha commentato a caldo il capogruppo a Palazzo Madama di FdI Luca Ciriani: «Da mesi si discute dell’avvio di una commissione di inchiesta sulla Sanità e sulla gestione del Covid. Ma oggi c’è stata l’ennesima presa in giro da parte della maggioranza».

«FdI ha depositato un ddl a maggio e oggi pomeriggio è andata in onda l’ennesima giustificazione irritante e ridicola: la commissione – ha spiegato Ciriani – non si può fare perché siamo ancora in emergenza. Per cui noi abbiamo chiesto che la prossima capigruppo calendarizzi la proposta, trasmettendola all’aula senza il relatore, come è stato fatto per il ddl Zan contro l’omofobia».

E Francesco Zaffini, capogruppo in Commissione Sanità e colui che ha materialmente firmato il ddl commenta amaramente: «La maggioranza ha sostenuto che non si può indagare perché c’è ancora l’emergenza. Insomma, in pratica è come se avessero detto che se il rubinetto perde non si può chiamare l’idraulico, finchè l’acqua non si esaurisce. Una giustificazione ridicola».

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