Draghi vara la stretta: 16 Regioni su 20 in zona rossa. Non è un lockdown, ma quasi quasi…

L’appuntamento è per le 11.30, quando a Palazzo Chigi si riunirà il Consiglio dei ministri per approvare il decreto legge con le nuove misure di contrasto alla pandemia, che entreranno in vigore da lunedì 15 marzo. L’Italia si avvia, quindi, a diventare quasi tutta rossa (probabilmente 16 regioni in tutto) in risposta all’aumento dei contagi ed alla recrudescenza del virus, che ormai con le varianti sta aggredendo in maniera violenta il Paese. Ci si affretta a dire che non è un lockdown, ma il colpo d’occhio alla fine è quella di un’Italia quasi tutta colorata di rosso, al punto che in molti si chiedono, perplessi, quale sia la differenza.

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Nella sostanza Mario Draghi si muove in piena continuità con Giuseppe Conte, decidendo di chiudere tutto e di costringere gli italiani in casa. Scelta in un certo senso obbligata visto che sul piano dei vaccini ancora non si registrano novità. Anzi il sequestro di un lotto di AstraZeneca, in seguito alle due morti sopraggiunte dopo essere state vaccinate, ha gettato ombre lunghissime sul nuovo siero ed il timore che possa portare con sé gravi effetti collaterali.

Al momento non ci sono evidenze scientifiche che consentano di collegare la morte al vaccino, ma tanto basta per mettere in allarme tutti. Ciononostante, il problema resta l’esiguità dei vaccini che continuano ad essere l’unica risposta alla pandemia. Domani il commissario Figliuolo presenterà il nuovo piano vaccinale che dovrà portare per l’autunno ad immunizzare tutta la popolazione. Per ora siamo al 3 per cento. Un piano che per raggiungere l’obiettivo avrà bisogno di un aumento sensibile delle dosi disponibili, ed in questo senso è senza dubbio positivo il via libera dell’Ema al vaccino Johnson&Johnson.

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Nel frattempo, però, vanno prese le necessarie contromisure per frenare il contagio. A differenza di Conte, Mario Draghi utilizzerà lo strumento del decreto legge. Niente Dpcm, quindi, ma piuttosto un provvedimento che dovrà vedere il pieno coinvolgimento del Parlamento. Anche l’entrata in vigore del provvedimento segna un altro elemento di discontinuità, e cioè non avrà valore subito, dal week end, ma piuttosto da lunedì dando così tutto il tempo sia alla popolazione e sia agli esercizi commerciali di adeguarsi.

Giorgia Meloni
Giorgia Meloni

Fin qui le discontinuità, per il resto Mr Bce si muoverà in piena continuità con il passato decidendo di inasprire le misure, tanto che Giorgia Meloni non manca di far notare: «Le misure che con Dpcm sono state prorogate da questo governo sono di continuità con quelle portate avanti nell’ultimo anno. Se dopo un anno siamo ancora qui non sarebbe il caso di mettere in discussione il modo in cui si è operato? Forse le misure non hanno funzionato».

«Ho l’impressione – rileva Meloni – che si sta andando verso il lockdown nazionale. Chiedo la pubblicazione dei dati che poi fanno colorare le regioni. Draghi ha dato continuità invece di cambiare il paradigma. Bisogna capire l’origine del contagio, che non sono i ristoranti, ma i mezzi pubblici. Affrontare le questioni è più difficile per la politica invece di chiudere tutto».

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Dubbi e richieste a parte la strada è comunque segnata. Nel provvedimento dovrebbe essere inserito il criterio in base al quale con un’incidenza settimanale di 250 casi ogni 100mila abitanti si entrerà automaticamente in zona rossa. Più complicata, invece, la possibilità di abbassare la soglia dell’Rt con il quale si entra in zona arancione (ora è all’1) e sul coprifuoco anticipato.

Nel decreto entreranno anche le misure per il periodo di Pasqua. L’ipotesi è che dal venerdì santo fino a Pasquetta tutta l’Italia diventi zona rossa, con negozi e le attività di ristorazione chiuse. Insomma, la riproposizione del modello messo in piedi per le festività natalizie. Come detto il decreto andrà in vigore dal 15 marzo, anche se qualche distinguo dalla maggioranza si leva.

Matteo Salvini

Infatti, Matteo Salvini non manca di far notare di essere «contrario a chiusure generalizzate. Dove il rischio è elevato, è chiaro che il diritto alla vita e alla salute prevale, ma in molte regioni e territori ci sono situazioni diverse. Intervenire in modo mirato e non in maniera indistinta è un passo in avanti». Una voce che però sembra essere isolata nella maggioranza.

Prima del Cdm è prevista la riunione informale tra il ministro per gli Affari Regionali Mariastella Gelmini, quello della Salute Roberto Speranza, il Cts e le Regioni assieme ai rappresentanti di Comuni e Province, per illustrare quelle che saranno le misure approvate dal governo. In concreto sia la Calabria e sia il Lazio rischiano di diventare rosse, mentre per Valle d’Aosta, Liguria e Puglia, con l’Rt intorno a 1, è quasi certo il passaggio in arancione.

Roberto Speranza

Al Nord il rosso dovrebbe essere il colore dominante con Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, le province di Trento e Bolzano, a cui vanno ad aggiungersi Marche, Basilicata, Campania e Molise. Resterebbero arancioni Umbria, Abruzzo, Veneto e la Toscana. La Sardegna, finora regione bianca, con un aumento dei casi potrebbe lasciare la fascia bianca ed entrare in arancione come la Sicilia.

La strada, quindi, sembra tracciata. Si torna a chiudere tutto e tutti, in attesa che arrivino i vaccini. Insomma, l’auspicata novità che avrebbe dovuto portare Mario Draghi nella lotta alla pandemia non si vede, anche se una differenza rispetto al passato c’è: ormai nessuno più parla di limitazioni di libertà e di dittatura sanitaria.

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