Il candidato del centrosinistra rispolvera la supercazzola prematurata
«Bisogna lavorare in Campania sugli investimenti per le imprese, che significano investimenti sul lavoro, provando a fare una progettualità ampia che va di là della singola azienda ma cercando di sostenere gli interi comparti per aumentare l’occupazione e quindi il reddito complessivo della regione Campania». No, non è un remake di “Amici miei”, ma la dichiarazione di Roberto Fico, candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione Campania, rilasciata alla sede Uil di Napoli.
Per chi non la conoscesse, la «supercazzola prematurata» è una leggendaria invenzione cinematografica: una frase assurda e senza senso, usata dal conte Mascetti (Ugo Tognazzi) nel film Amici miei per confondere un interlocutore con un linguaggio finto-serioso. «Tarapìa tapiòco! Prematurata la supercazzola, o scherziamo?» diceva Tognazzi, riuscendo con nonchalance a far credere di parlare di cose serie mentre non diceva assolutamente nulla. Ecco: il rischio di certi discorsi politici è esattamente questo.
La progettualità «ampia», ma sfuggente
Fico parla di «progettualità ampia», di «sostenere i comparti», di «investimenti sul lavoro». Espressioni altisonanti, che suonano bene ma non si traducono in un piano preciso. Dopo tre righe di dichiarazioni, non si capisce se il candidato intenda creare nuovi incentivi, favorire start-up, o solo evocare il concetto di sviluppo. Come nella supercazzola, le parole scorrono fluide, ordinate, apparentemente profonde — ma alla fine resta la domanda: che cosa ha detto davvero?
«Mettere tutto a sistema»: il mantra più vago del secolo
Il candidato cita poi il centro di formazione di San Giovanni a Teduccio, «uno dei migliori d’Italia», da cui escono «talenti veri» che però spesso emigrano. «Serve il tassello dell’ulteriore formazione collegata alle imprese che danno lavoro in collegamento con le università», spiega. Tutto giusto, ma sembra la solita ricetta generica per «fare sistema»: un’espressione che in Italia viene servita in ogni salsa da vent’anni e che, come la supercazzola, funziona bene solo se detta con convinzione.
«Le grandi imprese oggi possono anche investire sul territorio in termini di sviluppo e innovazione e quindi bisogna lavorare mettendo tutto a sistema», aggiunge Fico. Qui la supercazzola raggiunge il suo culmine: «mettere tutto a sistema» suona come una formula magica, buona per ogni occasione e per nessuna in particolare. Il concetto resta sospeso, come una bolla linguistica che non scoppia mai.
Le donne e la cultura del lavoro
Fico chiude toccando il tema del lavoro femminile: «Dobbiamo aiutare molto la componente femminile nel lavoro – ha detto – facendo sì che crescano i comparti con investimenti che guardano al futuro coinvolgendo maggiormente le donne campane». Poi denuncia «fabbriche ancora incentrate sul maschilismo» e invoca un cambio culturale. Un appello condivisibile, ma anche qui l’assenza di proposte concrete fa sembrare il tutto un esercizio di retorica più che un programma operativo.
La supercazzola è tornata di moda
Alla fine, tra «comparti», «distretti» e «progettualità», il discorso di Fico lascia la sensazione di aver assistito a una supercazzola in salsa istituzionale: un linguaggio forbito, privo di contenuti verificabili, che potrebbe adattarsi a qualsiasi tema politico. Il conte Mascetti sarebbe orgoglioso: la «supercazzola prematurata» vive e lotta insieme a noi – anche nelle campagne elettorali.




