Lo «strano» accordo nato in cella tra i Giuliano e i Rinaldi

Il racconto del pentito Alfonso Mazzarella: ero detenuto con un rampollo di Forcella che mi disse che frequentava casa del boss Ciro «Mauè»

«Sono il nipote di Vincenzo, Gennaro e Ciro Mazzarella, e la zona di Napoli dove sono nato e vissuto dal punto di vista criminale è San Giovanni a Teduccio». Comincia così il racconto di Alfonso Mazzarella, una delle voci di dentro dell’organizzazione criminale del clan Mazzarella che si contrappone da sempre all’Alleanza di Secondigliano. Mazzarella, nei suoi verbali, ha raccontato di recenti equilibri criminali della zona di San Giovanni e Teduccio.

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«Sono stato detenuto dall’ottobre 2006 al febbraio 2015, e poi sono stato riarrestato nel luglio dei 2015 per rapina impropria; nei pochi mesi in cui sono stato in libertà ho subìto due attentati, uno sotto al mio palazzo ad opera di Giovanni Di Pede e Michele Minichini del clan Rinaldi, i quali una settimana prima avevano tentato di ammazzare Carmine Improta, altro affiliato storico ai Mazzarella; il secondo attentato l’ho subito, sempre a San Giovanni e sempre sotto al mio palazzo, ad opera di Raffaele Maddaluno e di Giovanni Di Pede». Poi aggiunge: «A mia volta, io tentai di ammazzare Pasquale Reale dal momento che seppi che era stato il filatore del primo attentato nei miei confronti. Tuttavia, sparammo ma non riuscimmo a colpirlo».

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Storie di guerra e di sortite di tipo militare per il controllo della città con le organizzazioni che si alternano continuamente. Le sue dichiarazioni sugli assetti criminali sono datate. «Il clan egemone a San Giovanni è quello dei Rinaldi, capeggiato da Ciro Rinaldi, detto mauè, il quale ha esteso la sua egemonia anche alla zona delle Case Nuove e a piazza mercato attraverso Salvatore Maggio. Tanto mi ha riferito Raffaele Caldarelli, vecchio affiliato al clan Mazzarella».

«Detenuto con me presso il carcere di Avellino c’era Cristiano Giuliano, figlio di Ciro Giuliano, il quale ha detto che si è recato più volte a casa di Ciro Rinaldi con il quale lui e tutta la sua famiglia avevano ottimi rapporti». Il racconto di Mazzarella è buttato lì, nel mezzo di una conversazione con il magistrato, ma è molto interessante dal punto di vista dell’analisi degli assetti malavitosi della zona di Forcella.

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I rapporti con Ciro Rinaldi

«Cristiano Giuliano mi ha anche detto che lui e il suo gruppo corrispondevano a Ciro Rinaldi una certa somma al mese e che Raffaele Maddaluno, braccio destro di Ciro Rinaldi, ha anche sparato a Forcella».

Sono varie le zone e i quartieri in ordine ai quali Mazzarella è stato in grado di riferire. «Posso parlare delle attività illecite commesse per conto di Vincenzo Mazzarella a San Giovanni, alle Case Nuove e a piazza Mercato – dice – Ho cominciato la malavita nel 1995, e mi sono sempre contrapposto al clan Rinaldi, anche se io, con Ciro Rinaldi, ho anche commesso un omicidio. Si trattava di un affiliato del clan di Gennaro Mazzarella e voleva gambizzare mio fratello Salvatore per questioni di debiti insoluti; fu così che, nel 2001 io, Ciro Rinaldi e Vincenzo Marigliano lo andammo ad ammazzare in piazza Mercato. A sparare fu Ciro Rinaldi, io guidavo un motorino, Marigliano fece da filatore». Acerrimi nemici, dunque. Salvo poi uccidere insieme.

Poi entra nel dettaglio della ricostruzione di quell’agguato. «Fui proprio io a chiedere un incontro con Ciro Rinaldi tramite Vincenzo Marigliano detto Doberman, proponendo a Rinaldi stesso di commettere insieme il delitto, dal momento che l’eliminazione del soggetto dei Mazzarella interessava ad entrambi». A Rinaldi in quanto nemico dei Mazzarella e al collaboratore perché aveva tentato di sparare alle gambe il fratello Salvatore su incarico di Ciro Mazzarella, con il quale Salvatore aveva un debito di 5 milioni di lire.

«Marigliano mi accompagnò a casa di Rinaldi Ciro, al primo piano dello stabile in via Ravello a rione Villa. All’incontro era presente anche la sorella di Rinaldi, oltre a me e a Marigliano. Ci mettemmo d’accordo e io proposi di commettere l’omicidio a San Giovanni, mentre lui disse che l’omicidio doveva essere commesso a piazza Mercato; fu così che dopo 4 giorni, era il mese di marzo-aprile 2001, partimmo a bordo di una Thema blindata che aveva Rinaldi e ci portammo a piazza Mercato».

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