Politica & economia: manovra prudente condizionata da carenze finanziarie

Il compito del Governo Meloni è una grande sfida su cui puntare per determinazione e direzione di marcia

I giorni caldi della manovra finanziaria sono pieni di «ballon d’essai» ovvero di quella sorta di attività che consiste nel lancio di notizie, diffuse prematuramente ad arte, per saggiare le reazioni dell’opinione pubblica. Procedendo in questa direzione la stampa ed i commentatori si peritano di esercitarsi con tutta una serie di commenti che variano da tifoseria a tifoseria.

Quella di destra appare molto prudente e, seppur vellicando la mente dei sostenitori della Meloni, prova a dare un senso logico alle dosi omeopatiche – in condizioni di carenze finanziarie (bilancio dello stato in debito), di potenzialità inespresse (come un pil fin troppo leggero) e di criticità emergenti (politiche energetiche) – che dovrebbero servire a dare messaggi di serenità e/o quantomeno speranzosi sul futuro.

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Di contro vi sono i disarcionati di sinistra che, avendo un partito azzoppato, tendono a organizzarsi, a lamentarsi, soprattutto senza avere un percorso chiaro nella mente. In Italia le forze di sinistra che oggi, dopo circa 11 anni, non governano prestano il fianco ad un approccio salottiero alle questioni sul tappeto, in cui con tante parole, tanti aggettivi e poca sostanza si tende a rimarcare la distanza rispetto ad un governo di destra-centro che prova a portare avanti un conservatorismo compassionevole e solidale.

Ovviamente questo è possibile rintracciare prendendo spunto dai segnali che si diffondono e che, nel tempo, possono tradursi in misure strategiche con cui affrontare le grandi questioni della natalità, sì da incentivare un rinnovato dinamismo demografico che dovrebbe farsi strumento di benessere materiale e di una proiezione verso una futura serenità.

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La distinzione tra elemosina e investimento

Ovvero indicare la strada o meglio l’avvio di scelte strategiche per colmare il divario tra nord e sud, in cui si possa portare a compimento una «possente» e «programmatica» dichiarazione di un «antico» meridionalista come Manlio Rossi-Doria laddove dichiarava che «Se dimostreremo all’Europa che l’aiuto comunitario non è un elemosina fatta per l’Italia, ma rappresenta l’avvio di un processo nuovo per colmare alcuni dei nostri squilibri territoriali, avremo aperto la via della politica regionale».

Su questo punto risulta importante rimarcare la distinzione tra elemosina e investimento, sì da consentire di proporre un modello nuovo su cui puntare, ovvero per poter costruire una nuova formazione diffusa, da cui trarre giovamento e linfa per impostare una diversa mentalità ed un diverso orizzonte. Ed ancora proprio dall’esigenza di una diversa formazione è doveroso e non procrastinabile che si metta mano ad una scuola ferma da vent’anni, con livelli bassi di scolarizzazione, bassissimo numero di laureati, età media di docenti più alta degli altri paesi europei, stipendi bassi senza carriera e merito, alti tassi di abbandono scolastico, gran numero di giovani migliori che vanno all’estero.

E non ultimo tra le priorità va tutelato un diritto alla salute che nel periodo del covid-19 ha messo in luce il disastro sia in termini di organizzazione sanitaria, di professionalità, di penuria di mezzi e risorse. Ebbene se aggiungiamo a tutto questo il plesso della giustizia con i suoi ritardi e con le sue carenze strutturali che abbisognano di riforme incisive di molti riti processuali per rendere lesta ed efficace la macchina del processo penale, civile, amministrativo e contabile, allora si può constatare che il compito del Governo Meloni è una grande sfida su cui puntare per determinazione e direzione di marcia.

Oggi, prudentemente, l’unico rilievo che si può fare, mutuando le parole di Sabino Cassese, è che questo Governo non deve inseguire il facile consenso demagogico se «pure merita un giudizio per ora positivo …» ma deve soprattutto «… mirare a progettare politiche, coniugando con attenzione sia la presenza quotidiana che il futuro dell’Italia».

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